Il trekking al Campo Base dell’Everest, in Nepal, è il sogno di ogni escursionista, un vero grande classico dei circuiti in montagna. Probabilmente si tratta del trekking più famoso del mondo e, anche se l’itinerario è molto gettonato tra gli amanti del genere, regala grandi emozioni e ricordi indimenticabili.
Noi siamo appena tornati ed è stata una straordinaria avventura!
Esistono alcune varianti nel trekking al Campo Base dell’Everest ma la versione classica prevede di solito 11 giorni di camminata sulle montagne dell’Himalaya. Il percorso (tra andata e ritorno) è lungo circa 120 km e non richiede abilità tecniche particolari ma risulta impegnativo perché si snoda interamente a quote molto elevate e l’altitudine è un fattore che non va mai sottovalutato! Nella descrizione delle tappe indicherò la distanza da percorrere ma non i tempi perché si tratta di un fattore estremamente soggettivo (io, ad esempio, sono piuttosto lenta).
Continua a leggere per scoprire quali sono le tappe e il percorso di questo epico trekking!
- Giorno 1: volo da Khatmandu a Lukla e trekking fino a Phakding
- Giorno 2: da Phakding a Namche Bazar
- Giorno 3: acclimatamento a Namche Bazar
- Giorno 4: da Namche Bazar a Tengboche
- Giorno 5: da Tengboche a Dingboche
- Giorno 6: acclimatamento a Dingboche
- Giorno 7: da Dingboche a Lobuche
- Giorno 8: da Lobuche al Campo Base dell’Everest e discesa a Gorakshep
- Giorno 9: escursione al Kala Patthar e discesa da Gorakshep a Pangboche
- Giorno 10: da Pangboche a Namche Bazar
- Giorno 11: da Namche Bazar a Lukla
Giorno 1: volo da Khatmandu a Lukla e trekking fino a Phakding
Il classico trekking al Campo Base dell’Everest parte da Lukla, un piccolo villaggio situato a 2860 metri di altitudine, famoso per la presenza dello scenografico quanto spaventoso aeroporto Tenzing-Hillary, dove atterrano tutti i voli che portano gli escursionisti in questa regione. Dal villaggio di Lukla inizia ufficialmente il trekking verso il Campo Base dell’Everest. La prima parte del precorso è piuttosto semplice e si sviluppa prevalentemente in discesa, attraversando piccoli villaggi colorati con le immancabili bandierine di preghiera che sventolano contro un cielo di un azzurro che noi, abitanti di pianura, possiamo solo sognare. Il sentiero è ben tenuto, in parte lastricato e percorso da numerosi trekkers, sherpa e carovane di animali che trasportano materiale; si attraversano anche un paio di ponti tibetani piuttosto scenografici. Lungo il sentiero si incontrano i primi stupa, decine di pietre mani e innumerevoli ruote di preghiera. Le pietre mani sono rocce sulle quali è dipinto il mantra Om Mani Padme Hum e si trovano generalmente ai lati della strada o lungo i fiumi come offerta agli spiriti del luogo; quando si trovano lungo il percorso vanno sempre aggirate passando alla loro sinistra. Anche le ruote di preghiera hanno inciso sopra lo stesso mantra e farle girare in senso orario quando si passa loro accanto è un gesto di buon auspicio ed equivale ad innalzare al cielo una preghiera. Dopo circa 8 chilometri si arriva al grazioso villaggio di Phakding, a 2610 metri di altitudine, dove ci si ferma per la notte.
• Lunghezza: 8,2 km
Giorno 2: da Phakding a Namche Bazar
Oggi si inizia a fare sul serio! Si parte da Phakding e si procede costeggiando il torrente Dhud Koshi, attraversando diverse volte il suo corso grazie a scenografici ponti tibetani sospesi. Il Dudh Koshi, conosciuto anche con il nome di Milk River a causa delle sue acque dalle sfumature lattiginose, è un impetuoso torrente che origina proprio sul versante del monte Everest, direttamente dal ghiacciaio del Khumbu ed è il fiume più alto del mondo. Durante questa prima parte del percorso si superano un paio di belle cascate e si incontrano diversi minuscoli villaggi dalle atmosfere vivaci. Il tragitto è punteggiato da decine di lodge e ristoranti dove fermarsi per una bevanda calda e godersi il panorama: a questo punto è possibile ammirare il Thamserku in tutto il suo splendore. Finora il sentiero non presenta difficoltà. A Monjo si oltrepassa un check point dove vengono controllati documenti e zaini (non sono permessi droni) e si oltrepassa lo sgargiante portale che sancisce ufficialmente l’ingresso al Sagarmatha National Park. Si procede fino a raggiungere il villaggio di Jorsale, ottimo punto per la pausa pranzo prima di cimentarsi in quella che sarà la parte più tosta della giornata.
Poco dopo aver superato Jorsale si staglia davanti agli occhi il ponte tibetano più iconico del mondo: il famosissimo Hillary bridge che attraversa la gola scavata dal torrente ad un’altezza vertiginosa, in grado di regalare un brivido anche all’escursionista più avventuroso. Da qui la salita verso Namche Bazar è serrata e per due ore buone non concede tregua; si procede su gradoni di roccia irregolari, massi e terra battuta fino ad arrivare alle porte del villaggio, a 3440 metri di quota. Importante in questo ultimo tratto è progredire senza fretta o si potrebbe incappare nei primi sintomi del mal di montagna. Si trascorre la notte in uno dei numerosi lodge presenti a Namche Bazar.
• Lunghezza 13,5 km
Giorno 3: acclimatamento a Namche Bazar
La giornata di oggi è dedicata all’acclimatamento, quel fondamentale processo che permette al nostro corpo di adeguarsi gradualmente all’alta quota e alla minor presenza di ossigeno nell’aria a queste altitudini. La regola aurea da seguire è “cammina in alto e dormi in basso” quindi il modo migliore per favorire l’acclimatamento è cimentarsi in un’escursione che consenta di raggiungere un’altitudine più elevata e poi scendere di nuovo ad un livello più basso per la notte. Da Namche Bazar partono diversi percorsi adatti a questo scopo ma l’escursione più gettonata è quella che porta al Tenzing Norgay Sherpa Heritage Center prima e all’Everest View Hotel poi. Il Tenzing Norgay Sherpa Heritage Center è un piccolo museo situato subito sopra Namche Bazar, dedicato alla cultura sherpa e a Tenzing Norgay, il primo uomo che raggiunse la vetta del monte Everest (insieme ad Edmund Hillary). Dallo spiazzo antistante il piccolo museo è possibile godere di una vista fantastica e della prima vera occhiata sul monte Everest! Si prosegue poi verso l’Everest View Hotel situato alla bellezza di 3880 metri s.l.m. e conosciuto come l’hotel di lusso più in alto del mondo. La vista spazia su giganti come Everest, Nuptse, Lhotse e Ama Dablam e si rimane a bocca aperta! Da qui è possibile proseguire ulteriormente verso il grazioso villaggio di Khumjung ed il suo monastero o rientrare a Namche Bazar.
Giorno 4: da Namche Bazar a Tengboche
La prima porzione del percorso è piuttosto piacevole e regala panorami mozzafiato sulla stretta valle scavata dal Dudh Koshi, poi si scende fino a raggiungere il corso del torrente e da qui incomincia la parte più difficile della giornata: una lunga e serrata salita di circa 400 metri di dislivello che conduce fino al villaggio di Tengboche a 3867 metri di altitudine. La fatica della salita è mitigata dalla bellezza del panorama dalla magnifica vista del monte Kangtega con il suo impressionante cornicione di neve. Quando si affronta questo trekking occorre tenere presente che per spostarsi da un villaggio all’altro, spesso si devono attraversare intere vallate, con conseguenti discese e salite, e in una giornata le valli da attraversare possono essere diverse, quindi il dislivello positivo totale percorso a fine giornata in genere è decisamente maggiore rispetto alla semplice differenza tra l’altitudine del punto di partenza e quello di arrivo.
Appena arrivati a Tengboche lo sguardo viene immediatamente catturato dalla splendida visuale che si apre sulle grandi cime Himalayane e dall’imponente monastero che domina il piccolo villaggio. A Tengboche, infatti, si trova il monastero buddhista tibetano più grande di tutta la regione del Khumbu ed è possibile visitarlo e, se si è fortunati, anche assistere alle cerimonie dei monaci.
• Lunghezza: 8 km
Giorno 5: da Tengboche a Dingboche
La giornata parte letteralmente in discesa ma poi il sentiero prosegue in costante salita, gli alberi iniziano a diradarsi man mano che si sale di quota e si possono osservare le prime carovane di yak. Si oltrepassano un paio di meravigliosi stupa con il profilo inconfondibile dell’Ama Dablam sullo sfondo e si arriva al villaggio di Pangboche a 3985 metri. Superato il villaggio si costeggia la gola scavata dal torrente Imja Khola (un affluente del Dudh Koshi) fino a raggiungere un vasto altopiano circondato da cime che sfiorano i 7000 metri dove il paesaggio letteralmente si trasforma: gli alberi scompaiono completamente lasciando il posto solo a piccoli arbusti, il cielo diventa sempre più azzurro e l’aria più sottile. Dopo aver attraversato il corso del torrente e superato un ultimo tratto di salita più serrata si arriva a Dingboche a 4360 metri di quota.
• Lunghezza: 10 km
Giorno 6: acclimatamento a Dingboche
La seconda giornata di acclimatamento prevista durante il trekking si trascorre generalmente a Dingboche, da qui si possono effettuare diverse escursioni per consentire al corpo di adattarsi all’alta quota. Si può risalire la valle dell’Imja Khola fino ai pascoli di yak che circondano il piccolissimo villaggio di Chukhung, a 4730 metri, oppure cimentarsi nella salita del Nangkartshang Peak a 5083 metri, un percorso ripido che però regala viste mozzafiato sul Makalu. Anche in questo caso si segue la regola del “cammina in alto e dormi in basso” e si rientra nel pomeriggio a Dingboche dove si trascorre la notte.
Giorno 7: da Dingboche a Lobuche
Questa giornata è piuttosto impegnativa, soprattutto perché i 4000 metri sono stati abbondantemente superati e gli effetti dell’altitudine si fanno sentire. Il primo tratto del percorso è relativamente semplice poiché il sentiero si snoda su un falsopiano in leggera salita circondati da uno degli scenari più affascinanti di tutto il trekking: i profili di Cholatse, Ama Dablam e Tobuche dominano il panorama mentre la piramide perfetta del Pumori si intravede in lontananza. Quando si raggiunge il piccolissimo villaggio di Thukla la musica cambia poiché parte una bella e impegnativa salita che conduce al Thukla Pass, a 4830 metri di altitudine. Qui si trova il commovente memoriale dedicato a tutti gli alpinisti e agli Sherpa che hanno perso la vita sull’Everest e su altre cime himalayane, un luogo toccante e denso di pathos, dove una sosta è d’obbligo. Superato il memoriale il sentiero prosegue sempre in falsopiano, e ci si trova a camminare al cospetto di veri e propri giganti, come Lhotse e Pumori, fino ad arrivare a Lobuche a 4940 metri di quota.
• Lunghezza: 9 km
Giorno 8: da Lobuche al Campo Base dell’Everest e discesa a Gorakshep
Finalmente è arrivato il gran giorno (che si rivelerà anche quello più lungo e impegnativo). Si parte da Lobuche e l’altitudine, che sfiora i 5000 metri, rende i passi più lenti e pesanti. La prima parte del sentiero continua sulla falsariga di ieri e per un paio di km si avanza sul fondovalle fino ad arrivare ad un primo, e per fortuna breve, tratto di salita più impegnativa, superato il quale il terreno diventa prevalentemente roccioso e molto irregolare, e si procede in continui sali e scendi. Davanti agli occhi però si rivela la maestosità del grande ghiacciaio del Khumbu e la fatica si dimentica di fronte a tanta bellezza. Si cammina costeggiando il gigantesco ghiacciaio e in lontananza si inizia a scorgere la distesa di seracchi e pinnacoli che formano la temuta cascata del Khumbu. Il Campo Base è sempre più vicino! Raggiunto Gorakshep, a 5164 metri, si abbandonano gli zaini e ci si ferma per una breve pausa approfittando del fatto che si tratta dell’ultimo avamposto abitato prima della meta finale. Da qui al Campo Base occorrono circa 1-2 ore di cammino su un sentiero che non presenta grandi salite ma che è piuttosto irregolare e sul quale occorre procedere con cautela. Il paesaggio è a dir poco grandioso e quando si arriva finalmente al Campo Base l’emozione è indescrivibile! Prenditi un po' di tempo per assaporare questo momento epico, fare le foto e i filmati di rito e per esplorare i dintorni, prima di riprendere il cammino per tornare a Gorakshep, dove solitamente si trascorre la notte più scomoda e fredda di tutto il trekking.
• Lunghezza: 13,5 km
Giorno 9: escursione al Kala Patthar e discesa da Gorakshep a Pangboche
L’escursione al Kala Patthar non è obbligatoria ma senza dubbio regala la miglior vista sull’Everest di tutto il trekking (dal Campo Base è possibile vedere solo una piccola porzione della vetta del monte Everest). Solitamente si parte qualche ora prima dell’alba per poter ammirare il sole sorgere e illuminare le grandi montagne himalayane. Per raggiungere la cima del Kala Patthar, a 5545 metri di quota, occorrono dalle 2 alle 3 ore ma non è necessario arrivare in vetta per godere dello splendido panorama. Anche in questo caso il percorso non richiede abilità tecniche particolari ma l’altitudine e il freddo possono rendere la salita veramente molto dura. Una volta rientrati a Gorakshep parte la lunga discesa che proseguirà in maniera decisamente serrata per i prossimi tre giorni. Nella giornata di oggi si seguirà a ritroso il sentiero percorso all’andata fino a Thukla, dove invece di proseguire a sinistra verso Dingboche si devia generalmente a destra, scendendo in una spettacolare vallata spazzata dal vento fino ad arrivare al villaggio di Pheriche a 4371 metri. Qui si può fare una sosta per il pranzo (alcuni si fermano anche per la notte) prima di continuare e fare un ultimo sforzo per raggiungere Pangboche, finalmente sotto i 4000 metri di quota, dove regalarsi una buona notte di sonno.
• Lunghezza 23 km (+ 4,2 km A/R dal Kala Patthar)
Giorno 10: da Pangboche a Namche Bazar
Anche oggi sono in programma parecchi chilometri di marcia ma scendere di quota aiuta moltissimo. Dopo una prima parte in leggera discesa ci si trova ad affrontare uno dei tratti più faticosi della giornata: la lunga salita fino a Tengboche. Una volta raggiunto il villaggio e ripreso fiato, si saluta il monte Everest che regala un ultimo, splendido scorcio della sua vetta. Si prosegue in discesa fino a incrociare nuovamente il corso del torrente Dudh Koshi e si affronta un secondo, e ultimo, tratto di salita piuttosto impegnativa, prima degli ultimi chilometri in falsopiano che conducono finalmente a Namche Bazar, dove si trascorre la penultima notte del trekking.
• Lunghezza 16 km
Giorno 11: da Namche Bazar a Lukla
L’ultimo giorno di trekking non è certo una passeggiatina leggera, ma ormai ci siamo! La discesa da Namche Bazar è interminabile e ripida e mette le ginocchia a dura prova e la parte finale del percorso, subito prima di arrivare a Lukla è tutta in salita, ma basta un ultimo sforzo e si è arrivati! La fatica sulle gambe è tanta ma sarà presto dimenticata, la gioia di aver vissuto questa incredibile avventura invece non svanirà mai.
• Lunghezza 21 km
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