C'erano parecchie ragioni per non andare lassù, ma tentare di scalare l'Everest è un atto irrazionale di per sé, un trionfo del desiderio sul buonsenso. Chiunque prenda in seria considerazione questa idea si colloca quasi per definizione al di fuori della possibilità di una valutazione razionale.
Jon Krakauer
Probabilmente l’opera di Jon Krakauer più nota al pubblico internazionale è Nelle terre estreme, titolo originale Into the Wild dalla quale è stato tratto l’omonimo film per il grande schermo diretto da Sean Penn. Ma il libro di cui ti voglio parlare io è Aria sottile, titolo originale Into thin Air, un saggio pubblicato nel 1997 nel quale l’autore racconta la tragedia del Monte Everest del 1996. Sebbene si tratti di un libro drammatico a mio avviso è una lettura emozionante e affascinante, in grado di catapultare il lettore sulle pendici dell’Everest e capace di farci interrogare sulle motivazioni più profonde che spingono le azioni degli uomini. Non per niente il volume, tradotto in più di venticinque lingue, ottenne il primo posto nella lista dei best sellers di saggistica del New York Times e fu uno dei tre libri in lista per la sezione saggistica del Premio Pulitzer del 1998.
Jon Krakauer
Jon Krakauer, saggista e alpinista statunitense, nasce nel 1954 nel Massachussetts ma dall’età di due anni cresce nell’Oregon dove si trasferisce con la famiglia. Grazie al padre, Krakauer trascorre l’infanzia respirando profumo di alpinismo e questo accende in lui la passione per la montagna. Scalatore di talento, si cimenta in diverse imprese degne di rilievo come la scalata del versante occidentale del Cerro Torre, nelle Ande in Patagonia, considerato una delle cime più difficili del mondo. Dal 1983 si dedica alla scrittura a tempo pieno e gran parte della sua fama deriva dalla collaborazione con importanti riveste americane come Outside. Ed è proprio come inviato di questo periodico che, nel 1996, Krakauer partecipa ad una spedizione alpinistica commerciale sul monte Everest. Dalla necessità di rielaborare le vicende drammatiche avvenute durante questa spedizione nasce Aria sottile che consacra lo scrittore come uno dei migliori saggisti americani del periodo, tanto che nel 1999 riceve il premio per la letteratura dall’American Academy of Arts and Letters.
Nel 1998, come tributo ai suoi compagni perduti sull'Everest, Krakauer ha istituito l'Everest '96 Memorial Fund presso la Boulder Community Foundation.
Trama del libro
Aria sottile è il racconto dell’esperienza di Krakauer sull’Everest e della tragedia che portò alla morte di cinque persone durante la scalata della montagna più alta del mondo*. Dopo settimane trascorse alle pendici dell’Everest, il 10 maggio 1996, le spedizioni commerciali Adventure Consultants e Mountain Madness condotte rispettivamente dalle guide Rob Hall e Scott Fischer, partirono per sferrare l’attacco definitivo alla cima della montagna. Le condizioni meteorologiche sembravano ottimali e le guide miravano a portare sulla vetta il maggior numero possibile di clienti paganti. Dopo una salita massacrante in condizioni quasi proibitive per la sopravvivenza umana Krakauer ed alcuni compagni riuscirono a raggiungere la sommità del monte Everest e a coronare il sogno di una vita.
A cavalcioni sul tetto del mondo, con un piede in Cina e l’altro in Nepal, ripulii la maschera dell’ossigeno dal ghiaccio che vi si era condensato sopra e, sollevando una spalla per ripararmi dal vento, abbassai lo sguardo inebetito sull’immensa distesa del Tibet. A un certo livello, con distacco, comprendevo che la curvatura dell’orizzonte terrestre che s’inarcava ai miei piedi era uno spettacolo eccezionale. Avevo fantasticato tanto, per mesi e mesi, su quel momento e sull’ondata di emozioni che lo avrebbe accompagnato; e ora che finalmente ero lì, in piedi sulla cima del monte Everest, semplicemente non riuscivo a radunare energie sufficienti per concentrarmi.
Purtroppo, il sogno si trasformò presto in tragedia quando, durante la discesa, una serie infausta di eventi, dovuta sia a sfortunate casualità che ad errori umani, portò una parte degli scalatori alla morte.
Sulla via del ritorno, infatti, una violenta tempesta colse all’improvviso le due spedizioni, provocando la morte di cinque persone, tra cui gli stessi Hall e Fischer. Krakauer riuscì a sfuggire al disastro per un soffio ma rimase indelebilmente segnato da questa tragedia.
*Alla fine della stagione di arrampicata morirono in tutto 15 persone sulla montagna, rendendo il 1996 l’anno più nefasto nella storia dell’Everest fino a quel momento.
Le scalate commerciali dell’Everest e l’esperienza di Krakauer
Da sempre l’Everest rappresenta il sogno di qualsiasi alpinista ma se fino a qualche tempo fa la possibilità di raggiungere la vetta restava esclusivo appannaggio di pochi ed esperti scalatori, da diversi anni, grazie alla nascita delle cosiddette spedizioni commerciali è diventato un sogno accessibile a tutti. Se si è disposti a sborsare una considerevole cifra di denaro infatti si può partecipare, come cliente pagante, ad una spedizione alpinistica condotta da guide professioniste sulla cima più alta del pianeta.
I clienti in grado di sostenere la spesa (al tempo si parlava di circa sessantacinquemila dollari) possono usufruire di servizi organizzati, attrezzature e guide esperte che spesso, letteralmente, li accompagnano passo passo fino alla cima della montagna. Non è necessario essere scalatori provetti, bastano una discreta forma fisica e un buon conto in banca. Questo approccio, spesso criticato da molti alpinisti professionisti, può portare però a sottovalutare i rischi estremi e le difficoltà legate al raggiungimento di un obiettivo così ambizioso.
È proprio per scrivere un articolo sulla proliferazione delle spedizioni a pagamento e per fare un reportage sull’impresa che nel 1996 Jon Krakauer viene inviato dalla rivista Outside a partecipare alla scalata del monte Everest. Avendo passato parte della vita dividendosi tra alpinismo e giornalismo questo incarico rappresenta per Krakauer un’occasione da non perdere: la possibilità di coronare il suo sogno di gioventù di mettere piede sulla vetta più elevata del mondo intero.
E così l’autore parte alla volta del Nepal per unirsi alla spedizione della Adventure Consultants, la prestigiosa agenzia di scalate commerciali guidata da Rob Hall. Hall è un'alpinista esperto e la sua Adventure Consultants ha all’attivo un incredibile numero di successi, avendo portato in vetta ben trentanove scalatori nel periodo tra il 1990 e il 1995 (un numero enorme se si pensa che nei primi vent’anni dopo la conquista del monte Everest, nel 1953, solo trentasei alpinisti raggiunsero la cima).
La spedizione guidata da Hall è formata da otto clienti paganti, da tre guide professioniste e da sette sherpa scalatori (oltre che dal personale necessario alla gestione e all’organizzazione del campo base). Il 29 marzo inizia così l’avventura di Krakauer e dei suoi compagni* alla conquista del monte Everest.
*Quella primavera il gruppo della Adventure Consultants non è l’unico ad avere come obiettivo il raggiungimento della sommità della montagna più alta del mondo; al campo base si trovano infatti trenta spedizioni diverse, delle quali almeno dieci organizzate come imprese commerciali, che condividono lo stesso intento.
L’aria sottile
Con il termine aria sottile si intende l’aria rarefatta che si respira ad alta quota. Man mano che si sale di altitudine, infatti, la percentuale di ossigeno diminuisce. Sulla vetta dell’Everest a 8848 metri la quantità di ossigeno è pari a un terzo di quella presente al livello del mare, una condizione incompatibile con la sopravvivenza dell’uomo. Il nostro corpo, infatti, non è progettato per resistere a queste quote e in condizioni così estreme letteralmente inizia a morire. (Non a caso la zona del monte Everest che va dai 7600 metri alla cima viene definita zona della morte).
Per questo motivo, per ogni alpinista d’alta quota è fondamentale il cosiddetto acclimatamento, quel complesso meccanismo che l’organismo mette in atto per sopperire alla mancanza di ossigeno e che si verifica quando ci si alza di quota in maniera lenta e graduale.
Quando il processo di acclimatamento non si verifica correttamente, in genere a causa dell'eccessiva fretta nello spingersi verso altitudini sempre maggiori, lo scalatore può incorrere in gravi problemi di salute come l’edema polmonare o l’edema cerebrale (quando i polmoni o il cervello si riempiono di liquido), patologie legate all’altitudine potenzialmente fatali.
Ad alta quota il corpo umano funziona al rallentatore e ci si muove con enorme difficoltà, (sulla sommità dell’Everest anche muovere un passo richiede uno sforzo sovrumano) e lo stesso vale anche per il cervello. Mantenere lucidità quando ci si trova alla stessa quota di volo di un 747 è una delle sfide più ardue di tutta la scalata.
Da un cervello in deficit di ossigeno derivano inesorabilmente pensieri confusi, difficoltà di concentrazione e alterazioni visive fino a vere e proprie situazioni di delirio e allucinazioni.
Per sopperire a questo problema spesso si utilizzano le bombole di ossigeno ma questo espediente non è una garanzia in senso assoluto. Qualora la bombola dovesse finire e per un qualsiasi motivo non fosse disponibile ossigeno supplementare ci si troverebbe improvvisamente esposti al rischio di ipossia e di morte. Una probabilità più frequente se si parla di scalatori poco esperti, non in grado di gestire né a livello fisico né mentale questa drammatica situazione. Eventualità che purtroppo si è verificata durante la spedizione a cui Krakauer ha partecipato.
Perchè leggere Aria sottile
Aria sottile è la storia di un sogno che si trasforma in tragedia. Krakauer ci racconta la sua esperienza sull’Everest e ci accompagna un passo dopo l’altro nel viaggio che da Kathmandu lo ha condotto al campo base, fino al raggiungimento della vetta della montagna più alta del mondo. Impariamo a conoscere i suoi compagni di viaggio e prendiamo parte a un’avventura che ci trasporta in un mondo distante dalla nostra quotidianità, talmente lontano da essere a volte difficilmente comprensibile. Ma la sua narrazione coinvolgente ci fa entrare in questo mondo, quasi fossimo compagni di viaggio.
Pagina dopo pagina ci ritroviamo in sua compagnia, sopportiamo con lui le difficoltà della vita al campo base fino a ritrovarci sfiniti sul tetto del mondo, ammirando un orizzonte che abbraccia più cielo che terra, a strapiombo sull’abisso.
L’autore condivide i suoi pensieri e le sue paure, perfino i suoi sensi di colpa, in un percorso difficile e intimo ma che al contempo è pura condivisione.
Aria sottile è un libro duro, che lascia il segno, che ci spinge a porci domande scomode, cercando di analizzare le motivazioni più recondite che portano gli uomini a sfidare i loro limiti e a mettere a repentaglio la vita per raggiungere un sogno. Non si tratta banalmente di essere alla ricerca di emozioni forti, scalare montagne è una costante sfida con sé stessi e con la natura che ci circonda, un’altalena continua tra gioia pura e sofferenza estrema.
Molti di quelli che si cimentano in un’avventura grandiosa come la scalata del monte Everest non sono semplicemente dei “pazzi” o degli “incoscienti”, più probabilmente si tratta di individui alla ricerca dell’essenza più profonda della loro anima.
Si può scalare una montagna per diversi motivi, alcuni più nobili di altri, ma una volta lassù, quando il rapporto tra la sofferenza fisica e il piacere diventa totalmente sbilanciato a favore della prima, allora si è obbligati a spogliarsi del superfluo, ad abbandonare lungo la salita tutta la zavorra del proprio bagaglio di certezze, continuando a mettere un piede davanti all’altro solo grazie alla pura forza di volontà.
Arrivai ben presto a capire che scalare l’Everest era innanzi tutto una questione di resistenza al dolore. E mentre ci assoggettavamo una settimana dopo l’altra a fatiche, tedio e sofferenza, mi colpì l’idea che probabilmente la maggior parte di noi inseguiva soprattutto qualcosa di simile a uno stato di grazia. […] Arrampicare somigliava alla vita, solo che era più ricco di luci e ombre.
In Aria sottile, Krakauer racconta in modo schietto e spietato una tragedia del nostro tempo mettendo in primo piano l’uomo e le sue mancanze con lo sguardo critico, attento e curioso del giornalista. Una lettura avvincente e mai banale che sferra un duro attacco alla commercializzazione di uno dei luoghi più estremi del pianeta.
Una critica feroce non tanto alle motivazioni che spingono i clienti a rischiare la vita per raggiungere la vetta della montagna (Krakauer stesso prova spesso comprensione e compassione per i propri compagni), quanto alla banalizzazione del pericolo, al concetto che chiunque possa affrontare una sfida così complessa se accompagnato da guide professioniste. Perché in un ambiente ostile come quello di alta montagna, dove spesso la lucidità mentale è una chimera, basta un errore, uno solo, per far precipitare un sogno in tragedia.
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